WORKSHOP – NUOVE SINERGIE PER IL SOCIAL HOUSING

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Venerdi 12 aprile, alle ore 14.30, nell’aula B del Polo Santa Marta dell’Università di Verona, si terrà un incontro dibattito organizzato da SOS CASA in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Giuriche. E’ una importante occasione per affrontare tematiche troppo spesso sottovalutate ed escluse dagli argomenti del dibattito politico locale e nazionale.

 

UniVr Sos Casa locandina 12 aprile 2019

 

da: “Villafranca Week” del 23-02-2018

da: “Villafranca Week” del 23-02-2018

villafrancaweek.it

Articolo pubblicato il 23/02/2018 alle ore 17:26.

 
Non demorde la Cooperativa SOS Casa di Villafranca – costituita nel 1990 dalla Comunit
Emmaus – nel portare all’attenzione dell’opinione pubblica il grave problema di chi non
trova una casa popolare e nel contempo si assiste allo stato di degrado in cui versa il
patrimonio abitativo pubblico. Il 20 febbraio lo ha fatto invitando all’Auditorium Comunale di
Villafranca alcuni candidati al Parlamento Italiano.
“È doveroso da parte nostra portare all’attenzione di tutti – ha tenuto a precisare Renzo
Fior, responsabile della locale Comunità Emmaus – il problema casa e, per contro,
denunciare la progressiva latitanza degli enti pubblici preposti (nazionali e regionali), che
non stanziano fondi adeguati, da destinare in particolare alle Ater provinciali (Aziende
territoriali per l’edilizia residenziale), gestori delle case popolari”.
La Cooperativa SOS Casa ha chiesto e ottenuto da Ater cinque alloggi inutilizzati per
ristrutturarli e assegnarli a giovani, famiglie e altri casi con limitate possibilità di reddito.
“L’intesa è che alla fine del comodato gli alloggi – ha ricordato Renato Ferraro presidente
della Cooperativa – ritornino nella disponibilità pubblica”. Questo però non basta ed “è solo
una piccola goccia in un oceano. È tempo che la politica faccia il suo dovere con proposte
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concrete e fattibili. È per questo che abbiamo voluto incontrare alcuni candidati del territorio
al Parlamento. Dispiace che la risposta dei candidati non sia stata adeguata. Noi però non
molliamo la presa”.
All’incontro erano presenti anche Marco Montresor del Sunia (Sindacato unitario nazionale
inquilini ed assegnatari) di Verona e Massimo Castellani, Segretario generale della Cisl di
Verona. “Serve uno stanziamento – ha detto Montresor – di fondi a livello regionale dell’1%
per sistemare tutti quegli immobili di edilizia popolare che attualmente risultano sfitti e
inutilizzati e che comportano comunque delle spese per lo Stato”.
“Esigenza abitativa, ambiente e territorio – secondo Massimo Castellani – sono politiche da
sviluppare assieme con tutti i soggetti sociali che hanno a cuore i problemi di questo
Paese. Serve quindi uno sforzo comune perché l’ambiente sia ospitale e ci si possa vivere,
lavorare e progettare nel rispetto della cultura degli abitanti”.
La parola è andata poi ai candidati al Parlamento presenti. Maurizio Facincani del PD ha
detto che si impegna “a collaborare, sia che sia eletto o no, con Emmaus e tutti soggetti
coinvolti su questo tema per costruire un disegno di legge che metta a sistema le
disponibilità pubbliche e private per costruire un progetto di integrazione, che tenga
insieme le necessità di chi ha bisogno di una casa, la necessità di ristrutturazione del
patrimonio esistente e salvaguardare il tessuto sociale che sta attorno alle persone
che abitano nelle case da assegnare o da ristrutturare”.
“È assurdo che ci siano a Verona 500 appartamenti Ater vuoti – ha detto Fiorenzo Fasoli di
Potere al Popolo – e 9mila case sfitte. C’è quindi una disponibilità di accesso alla casa
notevole e poi dall’altra parte abbiamo situazioni di degrado e crisi sempre più forti. Occorre
quindi cambiare la politica portando le questioni sociali al centro della stessa e non
relegarle come marginali rispetto al fiscal compact o al pareggio di bilancio”.
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Emergenza casa ora c’è l’affitto “concordato” (da l’Arena del 10/07/2016)

Emergenza casa ora c’è l’affitto “concordato” (da l’Arena del 10/07/2016)

In paese cisono ottocento appartamenti sfitti: il patto territorialeper le aree colpite da calamità naturali  prevede agevolazioni fiscali e fissa un tetto ai canoni.

Anche a San Bonifacio il pro- blema della casa preoccupa molto amministratori e cittadini. Come affermano il sin-daco Giampaolo Provoli e l’assessore ai servizi sociali Fabio Merlo, stride il fatto che centinaia di appartamen-ti rimangano chiusi mentre moltissime famiglie non riescono a trovare casa. Una svolta decisiva per individuare la soluzione del problema, apparentemente incomprensibile, è arrivata in questi giorni, coordinata dal Comune. Si chiama Accordo territoriale per canone concordato.
«Si tratta», spiega il sindaco, «dell’accordo intervenuto tra i sindacati rappresentanti dei piccoli proprietari (Uppi e Ape), cioè di chi non ha grandi proprietà immobiliari e dà in affitto questa sua proprietà, e i rappresentanti degli inquilini (Sunia, Sicet e Uniat) che cercano un affitto il più conveniente possibile».
«Il problema», prosegue Provoli, «è innanzitutto fiscale e riguarda la tassazione individuale delle due parti: proprietario e inquilino. Quest’anno in particolar modo ci sono delle novità, che portano ad avere una riduzione delle tasse per ambedue le parti: una forte agevolazione che viene ad essere suggellata se i proprietari di casa e l’inquilino aderiscono al cosiddetto affitto a canone concordato, cioè calmierato e quindi a prezzo più basso».
Si tratta di un canone che è stato concordato tra i rappresentanti delle dueparti, i quali valutando la natura del paese e guardando a quella che è la situazione del problema casa, con relativa problematica degli sfratti e del mercato immobiliare locale, fanno appunto un accordo territoriale individuando il valore massimo di un appartamento, al metro quadro, distinguendo due zone: la zona centrale del paese e quella delle frazioni, stabilendo un minimo e un massimo per quel che riguarda il valore, al metro quadro, di un possibile affitto. Aggiunge il sindaco: «Il contratto si sviluppa in un 3 più 2, (che significa che il contratto di affitto deve avere non più la formula del 4 più 4, cioè 4 anni di affitto più 4 tacitamente rinnovabili,ma diventa 3 più 2). Inoltre un affitto secondo questi patti porta delle agevolazioni fiscali di varia natura: la prima, ed è la novità di quest’anno, decisa dal governo, stabilisce che per l’Imu sulle case che hanno un affitto a prezzo concordato ci sia un 25 per cento di risparmio, un’agevolazione notevole quindi. La seconda agevolazione vale anche per l’inquilino in affitto, che in base al proprio reddito può detrarsi, sul 730, da 300 a 900 euro e quindi praticamente riesce a risparmiare una o due mensilità di affitto, quindi con un risparmio di oltre il 10-15 per cento». Il sindaco poi fa notare che l’altro elemento forte, per il proprietario, «è legato alla cosiddetta tassazione sulla proprietà: questo contratto porta per sua natura alla cedolare secca, che stabilisce che in base al contratto d’affitto il proprietario paga il 21 per cento secco; con questo canone concordatario, nei paesi ad alta densità abitativa come San Bonifacio, la riduzione è del 50 per cento, cioè il proprietario pagherebbe in pratica il 10 per cento. Esempio: 500 euro al mese per un appartamento significa un canone di seimila euro: di tasse ci sarebbe un risparmio di circa 600 euro e inoltre si pagherebbe l’Imu ridotta del 25 per cento. Ciò evidentemente favorisce una maggiore possibilità di mettere sul mercato case, perché da parte dei proprietari c’è sicuramente una convenienza maggiore per quanto concerne le tasse: Si cerca così di rimettere in moto il mercato degli affitti».
Ora anche San Bonifacio si è dotato dell’accordo territoriale per gli affitti calmierati, firmato il 27 giugno tra i sindacati rappresentanti degli inquilini e quelli dei piccoli proprietari. La giunta municipale ne ha preso atto e il documento ora ha anche la firma del sindaco come presa d’atto dell’avvenuto accordo.

Da profughi a compaesani L’integrazione sta riuscendo (da L’Arena del 10/07/2016)

Da profughi a compaesani L’integrazione sta riuscendo (da L’Arena del 10/07/2016)

All’inizio, in marzo, c’era molta diffidenza nei loro confronti, poi con i rifugiati africani si è passati dall’accoglienza al coinvolgimento

I tre ragazzi rifugiati politici, che da marzo scorso vivono a Fumane per tutti, all’inizio, erano semplicemente i «profughi», ma oggi, dopo quattro mesi, i cittadini fumanesi hanno imparato a chiamarli per nome, a salutarli lungo le vie del paese quando sfrecciano con le loro biciclette gialle fosforescenti, a riconoscerli come semplici compaesani.
«All’inizio», dicono alcuni componenti del gruppo Caritas paesano, «c’erano sicuramente alcune preoccupazioni, soprattutto da parte del vicinato, ma con il tempo tutti hanno dovuto ricredersi e in quattro mesi non è mai arrivata alcuna lamentela».I tre africani vivono in centro a Fumane, in una casa messa a disposizione da una famiglia generosa. Sono arrivati a una convenzione tra Prefettura, l’associazione il Samaritano, la casa di accoglienza legata a Caritas diocesana, e la Caritas parrocchiale, che ha fatto sue le parole di Papa Francesco sull’accoglienza di rifugiati e profughi.Ma fin dall’inizio c’è stato anche l’appoggio dell’amministrazione comunale di Fumane, di altri gruppi e associazioni e di privati cittadini. «E questa collaborazione da parte di tutti», continuano i componenti di Caritas Fumane, «ha reso molto più
semplice l’ambientamento dei ragazzi. Con il Comune è iniziato anche un rapporto di volontariato: i ragazzi sono stati coinvolti nei lavori socialmente utili, in cui i tre hanno aiutato i dipendenti comunali nei vari servizi lungo le strade del paese. E i giudizi da parte dei dirigenti del Comune sono stati molto positivi».Recentemente è avvenuto anche un incontro tra Caritas Fumane, il sindaco Mirco Frapporti e il presidente del Samaritano, Michele Righetti, per fare il punto di questa esperienza di accoglienza e sul suo proseguimento. «Ci si è posti come obiettivo quello di coinvolgere ulteriormente i ragazzi nel paese e magari inserirli in una proposta lavorativa concreta con privati, magari nel prossimo periodo della vendemmia». I componenti della Caritas parrocchiale sottolineano, infine, l’importanza di vivere un’esperienza come questa. «L’accoglienza di ragazzi profughi o comunque che vivono situazioni di disagio, mostra la faccia concreta della Chiesa: quella dell’impegno concreto, nell’aiuto al prossimo. Vedere questi ragazzi creare un piccolo orto nella nuova casa, giocare a basket nella società del paese, cantare e suonare i tamburi negli eventi paesani, apre il cuore, perché significa che si stanno inserirendo. Se sono arrivati in Italia, lasciando famiglie e certezze e rischiando la vita in viaggi incredibili, significa che nel loro paese era difficile continuare a vivere. È importante accoglierli, farli sentire a casa, anche per affrontare l’immigrazione con occhi diversi. Ora non si tratta più di semplice accoglienza, ma anche di inserimento e, perché no, di rapporti anche d’amicizia che possono nascere».